lunedì 15 giugno 2020

Per stasera voglio essere una nave in fondo al mare



Il rientro il città è stato traumatico, ma ci dovrò convivere; perfino le cose che in passato apprezzavo mi sono apparse banali ed inutili. In città c'è puzza, odore di benzina o idrocarburi non meglio identificati, piscio di cane, spazzatura. Non c'è un solo momento di silenzio in cui starsene in pace a guardare il cielo, un tramonto o semplicemente seduti nell'erba a leggere un libro. Perfino andare a rivedere il mare è stato un disturbo.

Non sono più abituato al traffico ed uscire mi da fastidio, vedere le persone anche, ma questo accadeva pure prima quindi è solo una ripresa di vecchie intolleranze. Tuttavia la questione del distanziamento sociale mitiga un po' il primo fastidio.

Ed è come se fossi finito in qualche film catastrofista; nei negozi, quando ci riesco ad entrare dopo aver fatto la fila, si sta con guanti e mascherina,  La spesa è complicata più di quanto la mia pazienza riesca a sopportare, tutto diventa faticoso da gestire, e mi è più semplice sottrarre e non fare. Rientrati in casa si deve disinfettare tutto, scarpe, vestiti, mani, chiavi, cellulare, qualsiasi altro oggetto che arrivi da fuori.

Niente aperitivi, niente caffè al bar coi colleghi, poca voglia di cinema e serate conviviali. Per la strada si passa a distanza dagli sconosciuti, tutti improvvisamente misantropi e solitari. 

Prima o poi dovrò trovare una soluzione a questo disagio, per adesso ho deciso di resistere, stoicamente, pensando che sia possibile un 'altrove', anche se sono a corto di idee. 


lunedì 8 giugno 2020

Sì viaggiare, evitando le buche più dure...

...senza per questo cadere nelle tue paure,
gentilmente senza fumo con amore, 
dolcemente viaggiare,
rallentare per poi accelerare,
con un ritmo fluente di vita nel cuore,
gentilmente senza strappi al motore.
 ♪ ♬♫♪


Ho sempre odiato Battisti, davvero non lo sopporto, ma il testo di questa canzone rappresenta l'eccezione. 
Detto questo ho affrontato il viaggio con stoica rassegnazione, attraversato da vari e cupi pensieri, con addosso una malavoglia che difficilmente mi toglierò nelle prossime settimane, forse ci vorranno mesi. Mi sono sentito in fuga, poi in esilio, poi non lo so nemmeno io. 
Dopo la notizia della morte di Marta credo che una parte del mio mondo si sia incrinata.

- Non approfittare di questo lutto per sentirti infelice! 
Mi ha avvertito Max. 
[Quel gran genio del mio amico] ♪ ♬♫♪

E se invece lo facessi? Sarebbe da cinico? Gli ho risposto.
[Con coraggio, gentilmente, gentilmente] ♪ ♬♫♪ ♫♬

Vedere le stazioni semivuote mi è stato utile, non avrei tollerato nemmeno una ciarliera quanto improvvisata, ma sgradita compagnia di viaggio. Meglio così. 
[Scinderesti poi la gente, quella chiara dalla no] ♪ ♬♫♪ ♫♬♪

Rientro, a sistemare le mie faccende, per un tempo che non so, in una città che mi è divenuta estranea. 
Mi consolo pensando che ho passato di peggio e ne sono uscito.
[E tornare a viaggiare...] ♪ ♬♫♪ ♫♬♪ ♫♫



lunedì 1 giugno 2020

Che la torta ti sia lieve


La specialità di Marta era la pasticceria, e non solo, la sua predilezione erano le torte da matrimonio, quelle da cui ci si aspetta che siano belle, immacolate e buonissime. La regina delle torte ci ha lasciato e mi piace pensare che il suo viaggio sarà lieto e felice come le tante coppie innamorate che hanno avuto il dono di concludere la cerimonia offrendo agli ospiti una delle sue creazioni.
Quando penso a lei penso ai giorni felici passati assieme, oggi resi più preziosi da non saprei quale magia. Ci siamo divertiti in questo mondo, oh se ci siamo divertiti.

Buon viaggio cara amica.


lunedì 25 maggio 2020

In limine autem paradisus

La scorsa settimana io, il Nonno ed un paio di altri comunardi ci siamo recati in città per attendere a qualche commissione inderogabile. Mentre loro facevano ho ricavato quel paio di ore da dedicare alle mie incursioni, godendo di un centro storico libero da fastidiosi turisti. 
Il giro della nostalgia; lo sguardo rivolto al passato, a quella volta che poco più che quattordicenne, passai per la prima volta in piazza Duomo, con in mano la guida del Touring.

Lorenzo Ghiberti aveva 47 anni quando fu incaricato di eseguire la porta est del battistero di Firenze, era il 1425; fu Michelangelo che dopo averla ammirata la denominò Porta del Paradiso, perché chiamarla solo Porta Est pareva brutto. Fu un risultato così al di sopra delle aspettative che si decise di riservare ai nuovi battenti il posto d'onore davanti al Duomo, spostando l'altra porta, che sempre Ghiberti aveva costruito all'età di 23 anni, sul lato nord, dove si trova ancora oggi.

Quando scorro queste pagine di storia mi capita spesso di sorprendermi per la giovane età degli artisti e la loro inventiva, ragazzi che ci hanno lasciato opere di una bellezza universale. Opere che ancora oggi lasciano senza fiato. Così immagino un Ghiberti 23enne, intento a plasmare le formelle di una porta che attraverserà 595 anni di storia, passerà indenne tra guerre, epidemie e catastrofi naturali per arrivare sino a noi. E poi penso ad un 23enne di oggi, impegnato a passare le sue giornate a giocare sulla play, a postare video sui social e contenuti su FB e twitter.
E mi chiedo: cos'è che non ha funzionato in questa ''evoluzione''?

Sicuramente anche all'epoca del Ghiberti i minus habens non mancavano, tuttavia ho sempre più l'impressione che oggi siano in crescita esponenziale e che le persone capaci di produrre bellezza, quella vera, quella che rimane a scaldare lo spirito e l'anima, siano sempre meno; perché di bellezza nel mondo non si sente più l'esigenza, anzi pare sia diventata qualcosa di superfluo.

Insomma... ero lì ad ammirare una porta chiusa, con tutti questi pensieri che mi frullavano in testa e quasi mi veniva da piangere. Altro che sindrome di Stendhal.


lunedì 18 maggio 2020

La tessitura dell'intento


Alcuni lo chiamano anche Ojo de dios, e l'effetto finale è molto suggestivo, ma la parte più importante avviene durante la sua creazione, la scelta dei colori e l'impegno ad intrecciare i fili di lana. Un'operazione che richiede concentrazione e silenzio.
La stagione indicata per questa attività è il periodo del solstizio invernale, una volta terminata la tessitura, l'intento va esposto. E così anche noi lo scorso dicembre abbiamo atteso a questa tradizione, appendendoli ai rami del fico, consegnandoli ai capricci del vento e delle stagioni.

Personalmente sono sempre scettico su queste faccende, e quindi ho partecipato per curiosità e spirito di gruppo, e forse per trovare un momento che mi permettesse di riflettere su alcune cose che mi frullano in testa, idee all'epoca ancora acerbe. Un tempo che adesso, dopo i recenti stravolgimenti, appare lontanissimo.
Ho anche scoperto che le attività con la lana sono particolarmente rilassanti.

Il richiamo all'antica tradizione romana dell'Oscillum, è molto forte, ed anche se il materiale risulta meno nobile, c'è comunque la sensazione di partecipare ad un rituale apotropaico, qualcosa di misterioso che affonda le sue radici in antiche conoscenze.

Che sia vero o meno, che funzioni o sia un semplice passatempo, a questo punto poco importa.


lunedì 11 maggio 2020

Il gatto sul tetto che scotta

Finiti i rigori dell'inverno la colonia felina ha ripreso le sue scorribande notturne. Due anziani sono spariti, GattaLuna e un altro selvatico senza nome. Una leggenda vuole che siano i lupi e le volpi i principali nemici dei gatti, e quest'ultime pare vadano ghiotte soprattutto dei piccoli e teneri micetti.
Il pensiero è cinico, ma fa parte dell'equilibrio della natura, madre e matrigna; noi, per quanto possibile, lasciamo fare. La discussione sull'utilità del gatto in struttura, per eliminare topi, talpe ed altri sgraditi ospiti, è spesso causa di animati dibattiti. La questione è tuttavia delicata e se da un lato una fazione vorrebbe i gatti inseriti come animali da compagnia, controllati dal veterinario e con libero accesso alle stanze, dall'altra, tra cui il sottoscritto, si preferisce considerarli animali da cortile, evitare che circolino liberamente all'interno e nelle casette, con particolare attenzione per la cucina.

Il Nonno con la sua visione contadina old style, vede gli animali inseriti in tre categorie: da reddito, da cortile e da lavoro. Tuttavia tollera ma borbottando, che i bimbetti cittadini li trattino a guisa di peluches, salvo poi canzonarli quando li prendono in braccio.

Per parte mia ho una predilezione per i gatti, tuttavia ho cercato di comportarmi con loro in modo 'adulto', rispettando il più possibile la loro indipendenza, dando loro una carezza con la stessa pratica con cui stringerei la mano ad un vecchio amico. La ritengo una forma di rispetto.
Ho tuttavia avuto un occhio di riguardo per GattOtto, questo lo devo confessare, soprattutto nel portargli gli avanzi della cucina. Perché trovo che tra noi ci sia una sorta di affinità elettività, nata il giorno in cui mi ha seguito senza alcun motivo apparente, solo per passare assieme un paio di ore mentre bagnavo l'orto. Nulla a confronto di quella che si era stabilita tra me e LaGatta, ma comunque un'intesa piacevole da parte di entrambi che ci incrociamo in giro nei prati, ci salutiamo, e poi proseguiamo ognuno per le sue faccende.

Ma la questione di cui volevo parlare non è questa. Insomma l'altro giorno sono salito sul tetto a controllare e pulire le grondaie dal fogliame ed ecco, il balordo che era da qualche parte in giro a spiarmi ha pensato bene di passare a controllare, così una volta capito quale albero usare per salire sul tetto, si è arrampicato ed ha completato il giro delle grondaie per poi relazionarmi il risultato chiamandomi mentre rientravo in casa.



lunedì 4 maggio 2020

Gli E.M. e la fitodepurazione

Il sistema di gestione delle acque reflue è uno dei più complessi ed innovativi che io abbia mai visto. Fu costruito oltre 30 anni fa ed ancora oggi è perfettamente funzionante. 
Il meccanismo è il seguente, gli scarichi di docce, lavabi e wc, comprese le cucine, sono raccolti in una vasca di sedimentazione tipo Imhoff, i liquidi in uscita da questa vasca finiscono in una seconda vasca di fitodepurazione, in cui crescono piante adatte allo scopo, a seguire il troppo pieno finisce in una terza vasca sempre di fitodepurazione. Al termine di questa filiera si trova il laghetto artificiale, che rappresenta il punto di arrivo delle acque depurate ed il punto di presa per l'acqua usata per l'irrigazione degli orti, delle serre e del frutteto. Qui lo si vede al livello minimo agostano, utile per la manutenzione del fondale.


L'acqua del laghetto viene analizzata annualmente dal tecnico dell'Usl locale, che ci conferma la sua potabilità; nessuno si sognerebbe mai di berla, tuttavia in estate è forte il desiderio di farci un tuffo. Intorno ad esso si è formato un piccolo ecosistema di piante ed animali. Uno dei progetti futuri è quello di impermeabilizzare il fondo argilloso e di coltivare le lenticchie d'acqua, ma dobbiamo pensare bene se questo possa compromettere il delicato ecosistema che si è creato in questi anni.
Ma non finisce qui, infatti tramite un sistema di pompe alimentate da un pannello fotovoltaico, una parte dell'acqua torna in struttura per riempire gli sciacquoni dei wc. E da lì si ricomincia.

Chiaramente un sistema di questo tipo è abbastanza sensibile all'utilizzo di agenti chimici, per questo motivo tutti i prodotti usati per le pulizie, per il lavaggio di piatti e biancheria e per l'igiene personale sono naturali. Le poche volte in cui è difficile fare a meno della chimica, cerchiamo di limitare l'uso dei detersivi industriali, soprattutto da parte degli ospiti.

In questo ciclo virtuoso da alcuni anni sono intervenuti i microorganismi effettivi E.M. a darci una mano e si sono rivelati un toccasana per noi e per l'ambiente.

Inizialmente sono arrivati per la concimazione del frutteto e dell'orto sinergico, per proteggere dalle muffe le radici dei trapianti e per contrastare le infestazioni di insetti, ma anche per attivare la germinazione dei semi, soprattutto di quelli un po' datati, e per contrastare la marcescenza del compost. Una loro particolarità è infatti quella di eliminare i batteri patogeni della putrefazione, e favorire la proliferazione dei batteri zimogeni della fermentazione. In sintesi i compost si trasforma in humus senza odori sgradevoli risultando migliore dal punto di vista nutritivo. Da quando li utilizziamo inoltre non è più necessario smaltire i fanghi della prima vasca, in quanto ci pensano loro a scioglierli facendoci risparmiare l'intervento dell'autospurgo.

Il nostro rivenditore di fiducia, che è agronomo e chimico, li utilizza per contrastare i cattivi odori nella stalla e contenere la presenza delle mosche. Io personalmente ho osservato che il lavaggio dei servizi comuni con una soluzione di EM ed olio essenziale di lavanda fa scomparire i cattivi odori e garantisce un ottimo livello di pulizia.

A leggere in giro questi E.M. sembrano essere la soluzione semplice ad un problema complesso, anzi a vari problemi complessi, e per adesso posso dire che effettivamente si stanno rivelando utili, economici e non hanno prodotto complicazioni. La sperimentazione prosegue...

lunedì 27 aprile 2020

I biscotti senza nome



La ricetta a cui mi sono ispirato per questi biscotti è quella delle Reginelle; le avevo assaggiate durante un mio lungo soggiorno palermitano assieme ad altre prelibatezze della pasticceria siciliana ed ero curioso di riproporli.
Tuttavia alcuni ingredienti sono difficilmente reperibili da queste parti ed inoltre l'idea di usare lo strutto non mi piaceva molto. Così ho pensato ad una variante per ottenere dei biscottini  più leggeri a cui dovrò trovare un nome.
Si accettano suggerimenti.

Ingredienti e dosi:

una tazza di vino bianco tiepido
una tazza di olio di girasole
una tazza (scarsa) di zucchero di canna + due cucchiai di miele
quattro cucchiai di semi di sesamo (quantità variabile a piacimento)
scorza grattugiata di un limone
farina tipo 0 oppure integrale, quanta ne prendono per diventare lavorabili sulla spianatoia

I semi di sesamo li ho messi nel vino bianco tiepido, lasciandoli ammollo per una mezz'oretta, poi ho sciolto lo zucchero ed il miele nel vino ed aggiungendo l'olio ho creato un'emulsione a cui ho aggiunto gradualmente la farina, la scorza di limone ed un pizzico di bicarbonato.
Ottenuto un impasto omogeneo l'ho lavorato sulla spianatoia per una decina di minuti e quando il glutine ha preso il nervo l'ho lasciato riposare per circa 30 minuti in una ciotola coperta dalla pellicola trasparente.
Poi una forma a piacere, siccome non avevo voglia di usare stampini, ho scelto di fare un salamino e di appiattirlo con le mani, tagliandolo poi con la rotella per la pizza.
Una volta formati i biscotti li ho cosparsi di zucchero bianco e poi infornati a 180°C per 25 minuti.

Un tempo di cottura maggiore li scurisce un poco, ma dentro rimangono morbidi. Per la misura tendo sempre a fare una grandezza comoda, che permetta di mangiare il biscotto in un sol boccone, così da non sbriciolare. Cosa utile soprattutto quando in giro ci sono i bambini, che amano far merenda ovunque.

lunedì 20 aprile 2020

Di gatti e cupole


Lo chiamo Pascià, ed è il capostipite della colonia felina di questa zona, il più longevo ed il più grosso. Ci incrociamo spesso, lui presidia e controlla la zona dove abito, o forse io abito nella sua zona, questo dobbiamo ancora stabilirlo.
Si fa accarezzare quando ne ha voglia, si concede quasi a farmi un favore. Per il resto mantiene quell'atteggiamento strafottente tipico di certi gatti sornioni che guardano agli umani come a qualcosa di cui potrebbero tranquillamente fare a meno.
La questione in campo tuttavia è un'altra, in questa foto Pascià è bellamente sdraiato al centro esatto della cupola geodetica, luogo dove ama rotolarsi in certi orari del giorno quando il sole è più caldo. Luogo che in molti utilizzano per la meditazione, in quanto ritenuto catalizzatore di energie positive.
Una voce di corridoio narra che i gatti siano dei pulitori di energie negative, per quella faccenda che scoprì Ernst Hartmann, di conseguenza Pascià andrebbe a riequilibrare le sue energie dopo aver ripulito la struttura dalle negatività portate dagli umani.
Non saprei dire se tutta questa faccenda sia vera, ma posso dire che ci sono delle curiose coincidenze, e che messe tutte assieme formano una bella storia a cui credere. Anche GattOtto frequenta la zona e non saprei dire se pure lui si ricarica sotto alla cupola.
In un pensiero trasversale, quelli malinconici che mi prendono ogni tanto, ho pensato a LaGatta ed a come si sarebbe divertita avendo a sua disposizione una cupola per i suoi esercizi energetici.
Poi mi sono ripromesso di indagare meglio ed in modo più sistematico la questione delle energie.

lunedì 13 aprile 2020

Ricorrenze

- Vediamoci sabato sera alle 20 davanti a Notre Dame.

Mi aveva detto così; era il 2013. All'epoca la chiesa non era ancora stata trasformata in un enorme caminetto dalla stupidità dei restauratori e Parigi non era stata trasformata in una città deserta dal Coronavirus.
Così ci sedemmo in un angolo della navata centrale in cui secondo Bea l'acustica era migliore.
Ricordo benissimo quella sera; un concerto d'organo gratuito non me lo sarei perso per nulla al mondo, men che meno a NotreDame. Fu così che ascoltai per la prima volta l'estro musicale di Olivier Latry ed ebbi subito l'impressione di essere l'unico in tutta Parigi a non conoscerlo.

Sarà che mi aspettavo qualcosa di classico, un compositore barocco, il solito Bach... e invece... tuttavia la magia ci fu già dopo le prime note, penso anche e soprattutto per merito del contenitore. Non sono mai stato un grande appassionato di musica organistica, ma credo che passai le due ore più sublimi della mia vita, una sorta di rapimento mistico.

Ora tutta quella bellezza e la fierezza dell'organista per il suo strumento sono sospesi; un anno fa come oggi tutto è stato spazzato via, ed io provo un senso di vuoto come se avessi subito un torto; l'inaspettato, quello che mai si sarebbe immaginato è dietro l'angolo ogni giorno a dispetto della vita banale che ognuno di noi dice di non voler fare, ma che inconsciamente persegue. 
Mi chiedo se mai mi accadrà di tornare a NotreDame, sedermi nell'oscurità della cattedrale, e risentire un concerto di Olivier Latry. A volte vorrei poter vivere in eterno per poter collegare tutti gli avvenimenti e confrontarne le emozioni; qui Enrico VI d'Inghilterra fu incoronato re di Francia nel 1431, Napoleone Bonaparte fu incoronato imperatore nel 1804 ed io e Bea assistemmo alle improvvisazioni di Latry nel 2013.



lunedì 6 aprile 2020

La stufa a legna



La stufa di casa ha funzionato egregiamente per tutto l'inverno ed anche in questa primavera ballerina in cui speravo di poterla usare di meno; oltre a riscaldare l'ambiente fornisce attraverso un sistema che si chiama Soprastufa, acqua calda per il bagno e la cucina. Si tratta di una stufa moderna, la struttura è in ferro e l'interno in blocchi refrattari che rimangono caldi bel oltre lo spegnimento della fiamma. Come tutte le stufe ha un cassetto per la cenere, che raccolgo e porto in struttura dove viene utilizzata per produrre la lisciva o per pulire le pentole, io la uso per pulire dalla fuliggine il vetro interno dello sportello, ma anche per concimare il terreno o semplicemente per fare delle trappole ad anello contro le lumache e salvare l'insalata dell'orto.
Mi è stato abbastanza semplice riprendere l'abitudine di accenderla senza affumicare la casa, e devo dire che anche lo sportellino con il vetro, che consideravo roba da fighetti cittadini, è stato utile per controllare l'entrata a regime, inoltre vedere la fiamma comodamente seduti sul divano ha sempre un suo fascino.
Una volta comprese le malizie del tiraggio sono riuscito ad ottimizzarne consumo e calore senza sprecare troppa legna.

L'approvvigionamento della legna è infatti il cruccio di chi deve scaldarsi con una stufa; ho iniziato ad immagazzinarla già in settembre, legna piccola per accendere e più grande per tenere la fiamma il più a lungo possibile, in modo che al mattino la casa non sia una ghiacciaia. Questo soprattutto quando alla notte si scende sotto zero.
Girare per il bosco è stato un ritorno all'infanzia, quando con i miei cugini passavamo un paio di mattine a settimana a raccogliere legna. La procedura è semplice, ho individuato una zona di boscaglia vicino casa, dove accumulo rami e arbusti lungo il sentiero; a volte taglio i rami secchi delle piante più grosse, ma molto spesso basta raccoglierli da terra. Una volta accatastati preparo le fascine usando una corda o come più spesso mi capita, un fusto di Vitalba, una specie di liana molto robusta che si trova ovunque nel bosco e che è comunque facile reperire mentre passeggio nei sentieri.

Così il mio cammino è disseminato di piccoli depositi da cui attingo rientrando. Una volta sotto casa metto il bottino ad asciugare nella legnaia, oppure se ho tempo taglio i rami della misura che mi occorre e li metto nelle cassette, pronti per essere portati dentro casa quando serviranno. Questa operazione fatta con regolarità mi ha permesso non solo di fare piacevoli passeggiate nel bosco autunnale, ma anche di tenerlo pulito e pronto per le passeggiate primaverili.


lunedì 30 marzo 2020

La primavera se ne fotte


Questo il lapidario commento del Nonno alla faccenda della pandemia. Se avevo ancora qualche dubbio sul fatto che la Terra possa sopravvivere benissimo senza gli esseri umani, ebbene me lo sono tolto. I lavori nell'orto proseguono e Arturo, questo il nome dell'albicocco, fiorisce bellamente al centro di un orto che darà ancora un sacco di lavoro. Intanto anche noi cerchiamo, ognuno a suo modo, di fare come la Primavera.
Gli intoppi tuttavia ci sono stati, ad iniziare dalla famigliola che ha cercato di varcare la proprietà sabato scorso, con la scusa che volevano fare una passeggiata. Ma con la frase 'dagli all'untore' che rimbalzava nella testa, li abbiamo invitati a tornarsene a casa ed abbiamo dovuto nostro malgrado chiudere lo sgangherato cancello, in attesa di tempi migliori.
Disagi del periodo.
Anche l'approvvigionamento di sementi per il semenzaio è stato un problema, parzialmente risolto dal Generoso del Consorzio e da qualche vicino previdente che aveva fatto scorte, ed anche da vari ritrovamenti di vecchie buste senza data. Chissà se poi l'attivazione con gli E.M. avrà fortuna o ci troveremo a contemplare vasetti vuoti..
In ogni caso negli scambi agresti ai tempi del coronavirus ci si muove con la tattica dei sequestratori. Io lascio un cesto là e tu lo vai a prendere e lasci a tua volta nel cesto il corrispettivo dello scambio. Un saluto a distanza ed ognuno torna ai fatti suoi.
Semi di peperoni rossi in cambio di semi di melanzana tonda, patate in cambio di uova. Per ora funziona, in attesa di avere un nostro pollaio a cui attingere.
E poi c'è sempre modo di stupirsi, basta che passino un paio di giorni ed il panorama cambia completamente, e la sedia messa per contemplare il lago e una dolce primavera, diventa inutilizzabile.



lunedì 23 marzo 2020

Questo matrimonio non s'ha da fare

Titolo con citazione colta. Rilevando che si trovano tutti in Lombardia i luoghi in cui Manzoni ambienta il suo romanzo, dal paesino senza nome dei due protagonisti, che si trova non distante da Lecco sul lago di Como, a Monza, Milano, Bergamo. 
Quelli cittadini (in particolare Milano) sono descritti come luoghi malsani, caotici, dominati da egoismo e reciproca diffidenza. In quell'epoca in Lombardia imperversava quella che è passata alla storia come la peste manzoniana che durerà due anni, dal 1629 al 1633. 
Mentre ai giorni nostri... anche!



Non ho potuto esimermi pure io dal fare questo paragone quando abbiamo deciso ufficialmente di abbandonare i preparativi delle nozze.
Il corteo nuziale avrebbe sfilato in quella che chiamiamo La Serra, un lungo corridoio vetrato su cui affacciano tutti gli ambienti comuni. Il matrimonio civile si sarebbe celebrato sulla pedana tra gli alberi, il messo comunale era disposto a salire apposta dal paese per l'occasione.
Erano tempi non sospetti quando i futuri novelli passarono da queste parti e decisero che sarebbe stato molto bello riunire le loro famiglie in questo luogo, per vivere tutti assieme un fine settimana di festa, a contatto con la natura.
I preparativi avrebbero dovuto iniziare proprio in questi giorni, ogni angolo della struttura sarebbe stato tirato a lucido, le stanze pronte per accogliere gli invitati, i posti segnati sui tavoli del salone sistemati a ferro di cavallo, la dispensa in subbuglio per il ricovero degli alimenti, la cucina in fermento per la preparazione delle pietanze, i vini del consorzio avrebbero innaffiato il tutto, con il pane nuziale cotto nel forno a legna e servito dagli sposi durante il banchetto. Sul finale la torta da servire nel pergolato esterno avrebbe completato il banchetto.

Insomma era tutto perfetto nelle intenzioni... prima che accadesse l'imprevedibile!

lunedì 16 marzo 2020

La casa sull'albero


La casa sull'albero è stata una delle maggiori attrattive del luogo per moltissimo tempo, vuoi per la novità della sua ubicazione, per l'accuratezza con cui era costruita e per le soluzioni costruttive rispettose della natura. Ed in questo periodo di forzata permanenza in casa, in cui per uscire dal cancello della proprietà occorre un'attestazione di comprovata esigenza, un soggiorno del genere potrebbe risultare oltremodo piacevole, se pur obbligato in uno spazio ristretto. Ma c'è anche da dire che pure uscendo è difficile imbattersi nella folla.
Di questa amena casetta ne parlo al passato perché oggi non esiste più, lo scorso anno un incendio dovuto all'imperizia del suo ultimo abitante l'ha distrutta.
La struttura in legno e paglia, coibentata con lana di pecora e argilla ha fatto da innesco ad un incendio che ha visto impegnati nello spegnimento tutti i residenti ed anche una squadra di vigili del fuoco saliti dal paese. A quello che si racconta le fiamme hanno visitato questi luoghi per più di una volta, al punto che verrebbe da pensare che ci sia un qualche karma particolarmente fragile in fatto di fuoco.
Ovviamente si parla di ricostruirla, com'era dov'era dicono in molti. L'albero che la ospitava ha resistito al fuoco e tolti un paio di rami oramai secchi, sta riprendendo vigore. Per parte mia lascerei perdere, trovando soluzioni altrove, sarà che nella mia concezione di rispetto della natura gli alberi vanno lasciati in pace e non appesantiti con costruzioni e piattaforme.




lunedì 9 marzo 2020

E quindi uscimmo a riveder le stelle (*)

(*) E' l'ultimo verso dell'Inferno della Divina Commedia di Dante. Lo citavo quando riuscivo a venir fuori da una situazione complessa, spesso dopo ore passate in qualche aula d'esame, o in un grigio ospedale in attesa di un responso medico.
Di Coronavirus da queste parti se ne parla poco, non tanto per la volontà di farlo, ma più per una certa indifferenza al mondo dell'informazione e dei social media in generale. Così releghiamo la notizia dei fuoriusciti dalle zone rosse a qualche chiacchiera divertita durante il caffè o con ospiti di passaggio che in questo periodo sono molto rari. Tuttavia ho sempre più l'impressione che questa vicenda sia la punta di una situazione destinata a mutare non solo i comportamenti delle persone, ma anche la società stessa. Sicuramente è, o dovrebbe essere, un momento di riflessione su come alcune categorie siano suggestionabili e propense al panico, quindi manipolabili, ma anche su come sia responsabilità di tutti contribuire al benessere comune e forse alla fine di questo casino potremo dire: ed uscimmo a riveder le stelle.
Rapido cambio di argomentazione
Quelle stelle, fredde spettatrici delle fatiche umane le osservo alla sera rientrando a casa, nel perfetto buio delle notti d'inverno. La loro bellezza mi lascia senza parole ed ho anche provato a fotografarle, ma con pochi e deludenti risultati. Per parte mia riconosco qualche costellazione e mi perdo ad immaginare figure mitologiche formate da stelle che potrebbero non esistere più.

Dunque ero lì a contemplare la notte, con un occhio al frutteto, ai daini ed ai cinghiali, ed anche a GattOtto che si diverte a farmi gli agguati notturni, quando mi sono ricordato di collegare due cose apparentemente distanti, e cioè....


Questa è una delle tante immagini di Lincoln Harrison, un fotografo australiano; piazza la macchina fotografica a lunga esposizione ed ecco il risultato, uno spettacolare cielo stellato che mostra il movimento delle stelle, ho conosciuto per caso i suoi scatti girando nel web.


E questa invece è la Notte Stellata, uno dei dieci quadri più famosi di Van Gogh, dipinto nel 1888, durante il periodo di ricovero in manicomio. E mi son detto:
eh quel geniaccio di Vincent?!


lunedì 2 marzo 2020

Il forno a legna



La sfida di oggi era riuscire ad usarlo senza combinare guai. Confesso di aver avuto una discreta ansia da prestazione. Nei miei ricordi d'infanzia la cottura del pane nel forno a legna era uno degli avvenimenti più magici della settimana, per tutta una serie di fattori tra cui il profumo ed il gusto del pane appena sfornato. Infatti al paese, i forni in estate venivano accesi solo una volta a settimana, normalmente di sabato.
La preparazione del fuoco è stata simile a come la ricordavo, è stato solo una questione di riprenderci la mano.
La prima cosa da fare quindi è riempire il forno con le fascine e una manciata di paglia ben secca, poi si accende lasciando il portello aperto, quando la fiamma ha preso e le fascine iniziano a consumarsi si aggiunge legna più grossa, sino ad ottenere un bel fuoco.
Il raggiungimento della temperatura ottimale per la cottura si capisce osservando il colore dei mattoni della volta del forno, ed è importante che tutta la legna introdotta si sia trasformata in brace. 
Per questa cosa mi sono affidato all'esperienza del Nonno, ma direi che dopo un'ora di fiamma c'eravamo.


A questo punto con il tirabraci si libera la zona centrale del forno, che va anche ben ripulita dalla cenere passando velocemente un cencio umido. Questa operazione ha anche l'utilità di umidificare l'interno del forno per avere una cottura migliore. 
Fatte queste operazioni si possono tranquillamente infornare le pizze o le focacce, portate dentro con l'apposita pala. La loro cottura è a controllo visivo. Durante questo periodo non si aggiunge legna che produrrebbe fumo e quindi darebbe alle pizze un gusto sgradevole.
Finita questa prima infornata tocca alle pagnotte, in quantità normalmente bastante per tutta la settimana, io ne ho preparate sei da un chilo ciascuna. Si mettono anche loro nella parte centrale, e prima di chiudere il portello si mette una pentolina di terracotta con dell'acqua. Per il tempo di cottura si va ad esperienza, anche qui il Nonno è stato fondamentale, ma in circa 40 minuti il pane ha terminato la sua cottura. Alcuni lasciano le braci sulla bocca del forno, noi abbiamo preferito lasciarla libera per non avere intralci.
Una volta cotto il pane abbiamo messo dentro il pentolone con i fagioli che è rimasto a cuocere per tutta la notte, in modo da avere una bella zuppa pronta il mattino seguente. Zuppa che con le opportune aggiunte era ottima alla sera.


lunedì 24 febbraio 2020

All'acqua della fonte



La fontana del salone eroga acqua della fonte, unica in tutta la struttura, celebrata per la sua purezza. E' lì che si riempiono le caraffe per la tavola e le borracce per quando si va in gita nei boschi, o semplicemente un bicchiere quando si ha sete, lì si prende l'acqua potabile per fare il caffè o le tisane, da lei prendo l'acqua per fare il pane. Acqua buona e fresca che una fonte sotterranea raccoglie in una grande cisterna accanto al dormitorio. Guardiamo alla fonte come a qualcosa di genuino, che ci avvicina ad un rapporto con la natura scevro da chimica ed altri artifici. In tutto questo una volta all'anno l'omino dell'USL passa con le sue provette e ci conferma la sua potabilità.
L'acqua sorgiva la regala la natura, senza chiederci nulla in cambio, se non di lasciare il territorio in cui si raccoglie privo di inquinanti. E' tuttavia una risorsa finita, e nella stagione calda va usata con parsimonia, controllandone il livello nella cisterna per non restare a secco.
E' accaduto nel 2003 quando la grande siccità mise in crisi tutto il sistema idrico, la fonte, le vasche e il laghetto, anche l'approvvigionamento dell'acquedotto entrò in sofferenza e perfino il lago scese a livelli che pochi ricordavano.
Oggi a ricordo di quell'estate rimangono solo gli alberi secchi, così quando decidiamo di andare per legna possiamo tagliarli senza troppi problemi.

lunedì 17 febbraio 2020

In alto i calici




Al Cielo, alla Terra, al centro dell'Universo ed al nostro Cuore.

Si brinda così da queste parti, dando seguito ad un'usanza molto antica le cui origini si perdono nella Grecia classica, (epoca in cui si favoleggia che il Nonno ci fosse già). Si brinda conservando il bicchiere da un pranzo all'altro, con l'uso di etichettarlo con il proprio nome per poterlo riconoscere. Si brinda con il vino rosso del consorzio, oppure con quello portato dagli ospiti. Un'abitudine non detta vuole che il vino sia in tavola soltanto a cena, mentre per pranzo si beve l'acqua della fonte o tisana alle erbe, poco adatte per brindare. Mi piace che vengano istituite delle consuetudini comuni, che non sono regole vere e proprie, ma abitudini condivise.

Così assecondando una certa malinconia del momento, ho pensato ad un mio brindisi, qualcosa da dire in certe ricorrenze in cui vorrei accanto persone che ho perso per vari motivi.

Toast to the ones here today
Toast to the ones that we lost on the way


lunedì 10 febbraio 2020

Di notte è un'altra cosa



Di giorno il panorama dal terrazzino è piacevole, perfino la catapecchia casupola dei vicini sembra accettabile nella sua incompletezza.
Ma di notte le cose cambiano, l'altra sera nel buio totale, inframezzato solo da pochi raggi di luna che filtravano da una nuvolaglia cupa e capricciosa per poco mi prende un infarto.

Rientravo nel silenzio, dopo una serata con amici, piacevolmente lieta ed alcolica, complici un paio di bicchieri del buon vinello locale che il Generoso del consorzio ci aveva portato; insomma ero in quella beatitudine che quasi il freddo non lo sentivo, quando ho udito dei rumori di passi, ho pensato subito ai cinghiali, che hanno preso l'abitudine di sgrufolare in una parte di terreno ricca di lombrichi e ghiande, invece mi sono trovato a guardare quasi negli occhi delle pupille bianche enormi, mentre qualcosa nel buio spezzava rami e arbusti; ho provato la stessa impressione che deve aver avuto Harry Potter quando è finito nella foresta proibita a cercare unicorni e si è trovato di fronte Voldemort.
Per fortuna non era ColuiCheNonDeveEssereNominato, in compenso ho conosciuto due daini. Ci siamo studiati per qualche secondo, poi loro più spaventati di me hanno pensato bene di galoppare altrove ed io ho pensato bene di accelerare il passo, arrampicandomi sulla scaletta del terrazzino con la stessa velocità di un leprotto.
A completare la situazione è intervenuto anche GattOtto che era in cerca di un lido sicuro per la notte e voleva scroccare una manciata di croccantini ed ha ritenuto utile sfrecciarmi tra le gambe mentre aprivo la porta.
A quel punto la sbronza mi era passata completamente e pure il freddo.

lunedì 3 febbraio 2020

La memoria dei luoghi



Ho sempre un brivido quando mi trovo nella sala di attesa di seconda classe della stazione di Bologna. C'erano due ore alla coincidenza per Milano e l'unica soluzione al freddo umido era lo stanzone in marmo sorvegliato dall'agente della Polfer. 
Mi sono seduto di malanimo, come se quella bomba nascosta tra le valigie fosse ancora lì da qualche parte, ed ho avuto l'impressione di non essere l'unico ad avere quel pensiero scomodo.
Ricordo quando la televisione di regime diede l'annuncio che era scoppiata una bomba alla stazione di Bologna, ricordo lo stupore incredulo dei miei genitori, si guardarono come se avessero annunciato lo sbarco degli alieni
Il luogo mantiene il dolore, forse le urla di terrore di coloro che scamparono a quella tragedia, l'orrore dei soccorritori, la confusione, un atto che colpiva persone inermi, una violenza che ha lasciato una cicatrice non solo fisica.
Era tutto lì tra le sedie di plastica sorvegliate dal poliziotto. Ho pensato che forse ricostruendo la stazione avrebbero dovuto spostarla quella sala d'attesa, cambiarne la disposizione, non per perdere la memoria, ma perché trovo quella sala ancora ingombra di energie negative.
Forse è solo suggestione, mi sono detto, ma appena ho potuto sono uscito, provando un senso di liberazione, come avessi scampato un pericolo che vedevo solo io.

lunedì 27 gennaio 2020

La capra di Vanni


La visita al feudo dei vicini mi porta sempre qualche fastidio, principalmente per quell'impressione di decadenza che traspare da molti angoli che a mio giudizio con poco sarebbero splendidi. Molta parte delle strutture sono fatiscenti e se non è la mancanza di denaro a giustificarne lo stato, spesso lo è la mancanza di iniziativa. A volte penso che nella mia visione del mondo ci sia troppa 'città del nord' un desiderio di perfezione possibile che resta troppo spesso latente, con buona pace dei romantici che vorrebbero le campagne popolate da personaggi usciti da un qualsiasi presepe parrocchiale. In quest'ottica agreste colloco la capra del Vanni, riottosa e ribelle è diventata di gesso non appena mi sono avvicinato per fotografarla. Le sue compari più caute sono rimaste in disparte, confermando una certa nomea che vuole questo animale scostante oltre la normale prudenza.
Il feudo del Vanni comprende una serie di terreni incolti, un frutteto abbandonato e una dozzina di annessi agricoli che un tempo dovevano produrre la ricchezza della zona ed oggi attendono una salvifica ruspa che ponga fine alla loro agonia e forse liberi il paesaggio dalla loro centenaria presenza. Peccato mi sono detto, perché come spesso succede le potenzialità sono molte, ma le braccia poche. Pare sia una tiritera molto usuale da queste parti, in fondo i giovani cercano altro, rincorrono altri miti, la campagna è ancora vista come la scelta dei perdenti.

lunedì 20 gennaio 2020

Biscotti al vino rosso


Questi biscotti sono tipici del cilento, una coppia di passaggio proveniente da quella zona li ha riesumati dai ricordi di vigilie natalizie trascorse dai nonni e mi è sembrato interessante provarli immediatamente, anche perché la loro forma particolare e tipica era difficile da spiegare.
La preparazione è veloce ed anche se non avete una bilancia a disposizione, poco importa perché il dosaggio è semplicissimo. Io li ho proposti in quantità industriale, memore delle lamentele sulle modiche quantità delle precedenti esperienze dolciarie.

La misura base è "la tazza" con dimensione da scegliere in base alla quantità che si vuol fare, tuttavia non sono mai troppi, quindi vi consiglio una tazza grande.

Si procede così:

Una tazza di vino rosso
Una tazza di olio di oliva extravergine
Una tazza di zucchero di canna (mezza se non li amate troppo dolci)
Farina tipo 0 (o integrale) quanta ne prendono per diventare lavorabili sulla spianatoia
Un pizzico di bicarbonato
Una manciata di semi di anice o finocchio

Un piatto con qualche cucchiaio di zucchero e una spolverata di cannella.

Mescolate olio, vino e zucchero con una forchetta, poi aggiungete i semi di anice e gradualmente la farina per non formare grumi. Occorre fare attenzione ad aggiungere la farina "giusta" per ottenere un impasto morbido e leggermente appiccicoso, in modo da poter inzuccherare la superficie dei biscotti prima di metterli nella teglia per la cottura.

La forma è ottenuta facendo un cilindretto che poi viene chiuso a cerchio e decorato praticando quattro tagli con la punta del coltello. In alcuni casi per velocità si sceglie una forma a rettangolo, ma facendo un impasto più sodo si può usare anche un tradizionale stampo per biscotti. Io trovo che la bellezza di queste ricette sia proprio nell'evitare le tipiche attrezzature da dolci, magari arrangiandosi con quello che si trova in cucina, così come facevano un tempo.

Dopo averli fatti si passano nello zucchero e cannella e poi mettono su una teglia, anche senza carta da forno in quanto l'unto dell'impasto è sufficiente per non farli attaccare, facendo ovviamente attenzione ad inzuccherarli solo sopra. 
Fatto questo si infornano a 180° C per una ventina di minuti. Il tempo di cottura dipende dalla grandezza e dallo spessore dei biscotti, per cui è importante farli tutti della stessa misura per non rischiare che alcuni restino crudi all'interno oppure troppo cotti, se li fate spessi si può arrivare anche a 30 minuti.

Sono ottimi dopo il pasto, inzuppati nello stesso vino usato per farli; ho provato anche la variante con il vino bianco, che risulta più delicata ed in cui ho messo dei semi di papavero al posto di quelli d'anice.

lunedì 13 gennaio 2020

Storie di gatti e biscotti


Forse era solo questione di tempo, in campagna un gatto girovago lo si trova sempre. Erano diverse settimane che ci studiavamo, e come già avevo fatto per Lagatta ho lasciato a lui la scelta del primo contatto e delle modalità di gestione di questo nuovo rapporto. 
GattOtto compare a suo piacimento, anche se ho notato che ha istituito degli orari in cui farsi trovare, parzialmente compatibili con la mia routine e con il suo desiderio di domesticità. Per il resto gestisce il suo tempo come meglio gli conviene, spesso arrampicato su qualche albero o cacciando nei greppi con i suoi fratelli. Ha un'ampia autonomia territoriale e la mia casetta rientra, o è rientrata, nelle sue competenze. Per questo motivo se mi trovo a transitare in sua presenza può decidere di accompagnarmi per fare una chiacchierata miagolata oppure semplicemente per tagliarmi la strada mentre cammino.
Entrare in casa gli è vietato, almeno senza sorveglianza, soprattutto da quando ha pensato bene di rosicchiarmi i biscotti che avevo nel cestino sulla credenza, la cui ricetta sarà oggetto di un prossimo post.

lunedì 6 gennaio 2020

Natale con i tuoi

Non ho una famiglia, a volte se guardo indietro temo perfino di non averla mai avuta. In realtà per me il concetto di famiglia si ferma al giorno della morte dei miei genitori.
Ho assistito con graduale preoccupazione allo sfascio delle famiglie di mio fratello, ed ho deciso che, avendo gli stessi geni, dovevo evitare di commettere i suoi stessi errori.
Così per molto tempo sono stato un cane sciolto a cui era difficile affibbiare un qualsiasi tipo di stereotipo ed etichetta. Questo ha destabilizzato la rigida etichetta degli altri famigli, che vivono di stereotipi e borghesissime certezze. Oggi ho smesso di cercare definizioni utili per la società e mi interrogo su quale sia il vero concetto di famiglia.

Forse c'è una definizione nuova, che associa le persone per empatia e non per genetica, una cosa tipo famiglia arcobaleno ci si avvicina molto. Per la stragrande maggioranza di persone il concetto di famiglia inizia e coincide con quello di coppia. E lì si conclude.
Io in realtà avrei una visione più ampia, principalmente perché la coppia mi risulta troppo legata a certi usi cattolici che poco amo ripercorrere.

Oggi mi sono interrogato sul bisogno di famiglia degli altri, il desiderio di star bene e voler vivere con le persone indipendentemente dai legami genetici. Chi vive in una comunità come questa ha buone probabilità di maturare questo desiderio, magari inconscio, e questo non vuol dire che la sua famiglia di origine non gli corrisponda, a volte c'è il desiderio di ampliare e trasmettere delle conoscenze sociali che altri non hanno avuto la fortuna di conoscere.
Io per esempio non credo di avere le necessarie conoscenze per dirmi adatto alla famiglia, e più indago il mio trascorso più mi accorgo che eravamo una famiglia difettosa, fragile e confusa. Quindi sento di aver molto da imparare, ed in questo campo sto lavorando, perché mi sono accorto di avere davvero bisogno di una "famiglia". Che vuol dire persone affidabili, capaci di un abbraccio fine a se stesso, persone degne di stima, leali nelle questioni della vita, persone con cui sentirmi migliore.