lunedì 30 dicembre 2019

Country dress code



Riprendo il discorso vestiti, l'abbigliamento in campagna è un problema, soprattutto per chi come me arriva dalla città ed ha un'idea vaga sulle esigenze della vita agreste. Qualche reminiscenza delle mie estati in montagna non è bastata a risolvere, anche perché all'epoca fruivo di un guardaroba limitato al periodo estivo e condiviso con i miei cugini più grandi, dove tutto era di tutti e si trovava sempre qualcosa di adatto.

I miei lavori precedenti, che si sono svolti quasi tutti in uffici dove imperversavano segretarie con puzza sotto al naso e scarpa griffata, mi hanno lasciato un corredo di abiti ed accessori totalmente inutili, inadatti e fuori luogo.
Quindi reset!
Innanzitutto servono abiti comodi e robusti, il colore è indifferente ma è meglio escludere il bianco ed i colori chiari, utili in estate ma difficili da mantenere puliti. Insomma il bianco immacolato e la vita agreste non vanno molto d'accordo.
C'è inoltre la questione dell'eco lavaggio con detergenti naturali ed a basso impatto ambientale, argomento che affronterò in un prossimo post.
L'abbigliamento qui, nell'EducatingHill, non rispetta le mode ed i canoni cittadini, ma si basa sull'esigenza e sulla praticità, poi l'effetto estetico generale è lasciato alla libera fantasia del singolo. 

Si potrebbe semplificare rifornendosi al reparto abiti da lavoro di un qualsiasi store per hobbystica, infatti servono abiti con i rinforzi sulle ginocchia e con le cuciture resistenti. Tuttavia per i momenti in cui non si affrontano lavori particolari sono adatti anche dei jeans, o dei vecchi pantaloni, infatti anche non lavorando nell'orto, si è sempre a contatto con erba e fango. Indispensabili le tasche, dove tengo il fazzoletto, se occorre uno straccio e il coltellino.

Le camicie di flanella, quelle a quadrettoni da boscaiolo per capirci, sono perfette, sopra di esse si può mettere un caldo maglione di lana o di pile o una praticissima felpa con cappuccio. Se si riesce è meglio fare diversi strati in base al freddo percepito, muovendosi ci si scalda, e per lavorare è meglio non essere imbarazzati nei movimenti da giacche o giubbotti. Tuttavia una giacca impermeabile o una mantella da buttarsi sulle spalle in velocità quando si deve uscire senza avere l'impiccio di un ombrello sono indispensabili.

Per risolvere la questione ho trovato molto utile andare in un negozio di abiti usati, vicino casa ho scoperto uno store gestito da una cooperativa sociale a cui ho portato tutti quei vestiti che non avrei più utilizzato ma che erano ancora indossabili e con un piccolo sconto, ho preso una serie di abiti più adatti e volendo sacrificabili senza troppi rimpianti, in caso di macchie indelebili o strappi e toppe.

Sciarpe, guanti, calzettoni e cappelli sono un necessario compendio alla lotta contro il freddo, non solo quando si esce, ma anche quando ci si aggira in casa e la stufa non è ancora accesa. Ho rivalutato la lana, soprattutto per i maglioni e tutte le fibre naturali come il cotone e il lino.
Alcuni accessori in micropile mi sono tornati utili, come cappello e guanti, pur non amando molto i tessuti sintetici devo riconoscere a loro una certa facilità di lavaggio e velocità di asciugatura.

Per le scarpe invece pensavo di fare un racconto più ampio perché trovo che siano molto importanti. In campagna si cammina molto, spesso su terreno non pianeggiante con sassi, pozzanghere e ciuffi d'erba, per cui è indispensabile avere scarpe comode. Così mi riservo di affrontare l'argomento quando avrò le idee più chiare in merito.

lunedì 23 dicembre 2019

Avere un animale o possederlo?

Una questione su cui mi sono interrogato è quella dell'avere o del possedere animali, e con questo mi ricollego in parte alle riflessioni del post precedente.
Qui in campagna ci sono gli animali da reddito, capre, pecore, galline e conigli, mucche ed i cavalli di un maneggio. Chi li ha, conosce esattamente non solo il loro valore economico, ma anche i loro bisogni e le loro necessità, e gli garantisce una vita degna. Anche i cani e i gatti, per la guardia, la caccia, per i topi, rientrano in questa visione utilitaristica, se così si può dire, trovo sia una sorta di collaborazione ad un fine comune.

In città ho visto molte persone che possiedono gli animali, li lasciano tutto il giorno in casa da soli, ed al massimo gli fanno fare il giro del palazzo per tre volte al giorno, credendo di aver fatto il loro dovere. gli danno il cibo, se l'anomale si ammala lo portano dal veterinario e alla sera lo trattano come un peluche, lo vestono con il cappottino quando escono con il freddo, lo tengono in braccio anche quando non è necessario e lo vezzeggiano come fosse un bambino ritardato.

Credendo di aver fatto il loro dovere, di essere dei padroni amorevoli. In questo modo creano degli animali disadattati, furiosi e repressi. Animali che nonostante questo li ameranno, scodinzoleranno al loro rientro a casa, accetteranno di essere tenuti prigionieri in un appartamento di pochi metri quadrati, in un giardino o in un cortile, di non poter pisciare quando lo desiderano, di non poter abbaiare, accoppiarsi o correre quando lo decidono.

Ha senso questo?

C'è differenza tra il possesso e l'avere un animale, dallo stabilire un rapporto di proprietà, un amore unilaterale, oppure una convivenza nel rispetto delle reciproche esigenze. Anche gli animali possono essere tristi o felici. E la libertà è una forma di felicità.





lunedì 16 dicembre 2019

Gli animali stanno fuori



E' questa la regola, sia per i cani che per i gatti.
L'unica eccezione c'è stata quando un topino ha tentato la colonizzazione della dispensa, ma GattoFilippo, l'anziano del gruppo ed a nostro avviso il più qualificato a fronteggiare l'emergenza era più attratto dalle riserve di formaggio; così abbiamo deciso che era meglio sistemare una tradizionalissima trappola. In ogni caso dopo vari tentativi l'interessato deve aver deciso che c'era troppo trambusto ed è convolato ad altri lidi.

Franco il pastore applica la stessa regola con il suo esercito di gatti, che presidiano diligentemente l'ingresso al caseificio sollevandolo da altre visite indesiderate. Qui in campagna funziona così, ed il rapporto adulto che gli umani instaurano con i loro animali non credo abbia corrispettivi cittadini.

Anche noi, destiniamo al ricovero dei gatti il capanno degli attrezzi, in realtà se lo sono scelto loro tra le molte costruzioni disponibili. Alcuni usano passare la notte nella falegnameria, dove entrano quando ne hanno voglia da un foro nella porta. Tuttavia il grosso del gruppo preferisce la casetta delle cisterne, dove compare spesso un sacco di croccantini, una mega ciotola di acqua e gli avanzi della cucina.

Gli animali stanno fuori ed a quanto pare si divertono, soprattutto i maschi del branco che trascorrono le notti passeggiando sui tetti dei capanni dove cacciano rane e passeri, ogni tanto sbucano con in bocca una talpa, un grosso grillo oppure qualcosa di masticato dall'aspetto poco riconoscibile.
La vita dei gatti di collina non è facile, ed è relativamente breve, quando sono cuccioli c'è la volpe, sempre a caccia di un bocconcino, poi ci sono le varie malattie, le lotte per il potere e qualche altro fattore di rischio, come cadere da un ramo, oppure travolti dalle auto sulla strada. Niente veterinario, poche carezze e soprattutto mai in casa, il gatto è ladro ed in cucina combinerebbe solo guai, nel dormitorio piscerebbe a marchio e comunque nessuno potrebbe controllarne il vai e vieni. Il Nonno sostiene fermamente che i gatti tenuti in braccio si rincoglioniscono e non prendono più i topi, li nutre, tiene a loro, ma li tratta come animali da cortile, da perfetto contadino qual'è.

Per adesso gli unici ad avere attenzioni eccessive verso di loro sono i bambini di passaggio, quelli di città in particolar modo, che li vezzeggiano come fossero di peluches, al Nonno questa cosa non piace e se devo dire nemmeno a me garba questo amore morboso, così  mi trovo a borbottare sconsolato assieme a lui. Ma lasciamo fare, in fondo se un gattino si rincoglionisce sono affari suoi, imparerà a sue spese, è selezione naturale.

Per parte invece mia penso spesso a LaGatta, al rapporto adulto che avevamo instaurato, alla simpatica complicità che contraddistingueva la nostra convivenza e spero sempre di trovare un gatto degno di un'interazione simile. Per adesso nessuno dei presenti mi pare idoneo, ho qualche speranza su GattoOtto, uno scaltro micetto dell'ultima nidiata di GattaLuna. Vedremo se sarà all'altezza del suo predecessore.

lunedì 9 dicembre 2019

Prova d'inverno a EducatingHill

Nell'ora di pranzo arriva il diluvio, il temporale mi ricorda che l'autunno delle piogge è iniziato anche da queste parti. Qui in collina c'è un clima temperato mediterraneo, con precipitazioni spesso copiose soprattutto in primavera; ma anche la fine d'autunno si è rivelata piuttosto piovosa, forse a compensazione di una siccità estiva che quest'anno è stata particolarmente fastidiosa e si è protratta per gran parte del mese di ottobre, con buona pace del livello del laghetto che non si è mai visto così basso ed ha mostrato tutta la fragilità del sistema di fitodepurazione.

Sulle temperature invece non saprei, sono abituato al clima della costa ligure dove gli inverni sono miti ed i giorni di tramontana fastidiosissimi ma rari. La cosa più insopportabile è l'umidità, che penetra nelle ossa. Continuo a pensare che la città, con i suoi palazzi, il cemento e l'asfalto che ricoprono ogni superficie sia una sorta di camera stagna dove il suolo non respira ed ogni goccia d'acqua scivola via, lasciando un suolo arido, buono solo per far crescere qualche erbaccia stentata, ma che in qualche modo mitiga gli effetti dell'inverno.

L'unico modo per fermare l'umidità è quello di usare vestiti di lana, il sintetico è spesso un palliativo. Avevo abbandonato i maglioni di lana per motivi di praticità di lavaggio, e adesso li ho recuperati con piacere, quando fa freddo anche la lana più ruvida appare gradevole. Ricordo che Max la consigliava in quanto il tipo di composizione non assorbe l'umidità, a differenza del cotone e di altre fibre che si impregnano di nebbia. Devo valutare alcuni sintetici come il micropile abbinato alla stoffa impermeabile, ma purtroppo ho poca pratica di abiti pesanti perché nella riviera poco si vendono. Dovrò frequentare qualche store di vestiti per capire meglio l'offerta, chi meglio di un negoziante del posto infatti saprebbe consigliarmi l'abbigliamento adatto per questa zona...

lunedì 2 dicembre 2019

Questioni autunnali



Poche piante in vaso non mi davano la misura esatta della magia del passaggio delle stagioni, pensavo questo valutando il piccolo possedimento di succulente del mio balcone cittadino, ora abbandonate ad un inverno solitario. Ma perfino il giardino incastrato tra i palazzi, per quanto ampio, non riesce a rendermi questa meraviglia. Allo stesso modo il ciliegio che cresce davanti alla finestra della mia camera riesce solo a dirmi quando è arrivata la primavera, facendo fiorire per primi i rami liberi dall'ombra dei palazzi. Una voce solitaria.

Ma qui l'autunno è un concerto di mille colori, ogni albero impegnato nel suo personalissimo foliage rimanda una sua nota di colore, un preciso profumo, odore di bosco si direbbe per semplificare, ma è qualcosa di più; ed alcune piante decidono di approfittare di un paio di settimane miti per esibire qualche piccolo fiore dai colori intensi. Così ha fatto la cicoria selvatica, che mi ha permesso di decorare con i suoi petali un'insalata diversamente monocromatica.

Sto imparando a riconoscere le erbe spontanee, a raccoglierle per usarle nei miei piatti, per una tisana mattutina o semplicemente per rallegrare la tavola con qualche rametto profumato.


lunedì 25 novembre 2019

Lumachelle



Questi pani, si chiamano lumachelle per via della loro forma a chiocciola, sono tipiche di Orvieto e così ho voluto provarle in omaggio al mio arrivo in Umbria. Per le dosi sono andato un poco ad occhio, soprattutto per l'acqua che regolo in base alla lavorabilità dell'impasto.
Come sempre ho raccolto gli ingredienti secchi in una ciotola e li ho mescolati:

450 gr di farina integrale
100 gr di pancetta affumicata in cubetti
80 gr di pecorino grattugiato
un pizzico di bicarbonato
sale e pepe

Poi ho aggiunto:

20 gr di olio extravergine di oliva
140 ml circa di acqua a temperatura ambiente
150 gr lievito pasta madre

Dopo una decina di minuti di lavorazione l’impasto risulta liscio ed elastico, l'ho messo in una ciotola leggermente unta d'olio e l'ho coperto con un telo in cotone pulito, lasciandolo lievitare per circa tre quarti d'ora al riparo da correnti d'aria.

Trascorso il tempo di lievitazione, ho suddiviso l’impasto in tanti panetti da cui ho ricavato dei filoncini che poi ho arrotolato per dargli la forma di spirale e poi li ho messi sulla teglia di cottura.

Dopo questa operazione ho lasciato riposare le lumachelle per circa mezz'ora, in forno spento, per la seconda lievitazione. Prima di infornarle le ho spennellate con un'emulsione di olio ed acqua e poi messe nel forno preriscaldato a 190° per 18/20 minuti.

Sono ottime come accompagnamento ad una saporita zuppa di verdure. E’ preferibile consumarle calde nella stessa giornata in cui l’avete preparate al massimo il giorno dopo. Qui sono finite subito.

lunedì 18 novembre 2019

La quercia dei tramonti



Qui vorrei costruire la mia casa e dalla veranda osservare i tramonti!
Diceva così il mio accompagnatore, credo lo dica a tutti quelli che porta da queste parti.
Ho fatto questa foto verso la fine dell'estate, in un giorno quieto e silenzioso, ed invece di sedermi sulle panche ho preferito stendere la coperta sull'erba, dove il pane e formaggio hanno un sapore decisamente migliore.
Era la prima volta che passavo da quel prato da solo, così ho potuto osservarlo con calma, un piccolo pianoro alla sommità della collina, era un pascolo per pecore prima che un incendio lo destinasse al rimboschimento. Vi sono dei cespugli di ginestre, li ho riconosciuti perché anche le colline dietro Genova ne sono piene; pare siano le sole a resistere alle fiamme e quindi le prime a ricrescere. Per gli altri arbusti invece le cose sono più difficili. Le querce sono arrivate con il rimboschimento, ma oramai hanno preso familiarità con quella destinazione imposta dalla mano dell'uomo. In una macchia incolta ho scovato delle rose canine, del ginepro, qualche piccolo frassino e gli immancabili rovi. Ci sono anche moltissime altre specie arboree, che devo ancora imparare a riconoscere.
Nell'attesa guardo verso sud, dove il lago mostra tutta la sua bellezza.
Alle mie spalle c'è la grande quercia, si alza maestosa e domina solitaria il panorama verso nord.

Mi sono chiesto se anche a me piacerebbe una veranda ai piedi della quercia dei tramonti, ma ho risolto che non me ne importerebbe molto di averla. Certo andrei a vederli, i tramonti da sotto i rami della quercia, e forse, nelle notti d'estate rimarrei a controllare le stelle, ascoltando il frinire dei grilli e i refoli di vento che si rincorrono tra i rami. Mi basterebbe.

E poi alla quercia poco gliene importerebbe di avere una veranda tra le radici, lei gode del sole estivo e delle fredde tramontane invernali, del passaggio veloce dei cinghiali, dello scorrere di istrici e ricci, del passo cauto dei cacciatori, e magari anche del mio cappello appeso ad una canna incastrata nella panca, a patto che lo riprenda quando vado via. L'essere umano qui è superfluo.

Mi sono ripromesso che una sera salirò al pianoro per vedere un tramonto, arrampicato sui rami della quercia, dovrò farlo in una sera di luna, in modo da avere un lume sul cammino del ritorno.

lunedì 11 novembre 2019

I biscotti della gioia

La prima ricetta che ho sperimentato nella nuova cucina è quella dei biscotti di Ildegarda di Bingen.
Era da tempo che desideravo provarli, e sapevo che si potevano fare anche pestando il pane raffermo al posto della farina. Le ricette alternative sono moltissime, e ne avevo diverse versioni, con burro, con farina 0, con il miele, con il lievito istantaneo o quello di birra. Penso che vadano bene tutte, ognuno trova la sua preferita in base ai gusti ed alla disponibilità degli ingredienti, il sapore dominante infatti è dato dalle spezie. Ma c'è da dire che per Ildegarda un ingrediente fondamentale era la farina di farro. Dopo vari tentativi vi propongo questa versione, abbastanza semplice da realizzare per ottenere dei biscotti ottimi sia per uno spuntino pomeridiano o per accompagnare il caffè dopo pranzo. Ildegarda consigliava di consumarne due al mattino e due alla sera, assicurando un buon effetto sull'umore, sono noti come i biscotti della gioia, pare infatti che la combinazione di alcuni ingredienti sia in grado di stimolare questo sentimento.

Ingredienti:

1 Kg di farina di integrale
300 hg di zucchero di canna
4 cucchiaini di polvere di cannella
4 cucchiaini di polvere di noce moscata
2 cucchiaini di chiodi di garofano
un pizzico di bicarbonato
una presa di sale fino

Per prima cosa ho mescolato bene gli ingredienti secchi in una ciotola, pestando le spezie in un piccolo mortaio prima di aggiungerle al composto. A seguire ho aggiunto gli altri ingredienti:

4 cucchiai di lievito pasta madre
4 uova intere
120 ml di olio di oliva extravergine
latte tiepido se l'impasto risulta troppo secco

Ottenuto un impasto lavorabile sulla spianatoia ho formato una palla e l'ho lasciato riposare in frigorifero per un'ora.

Poi ho formato una sfoglia dello spessore di circa mezzo centimetro e usando degli stampini tondi (va bene anche un bicchiere) ho formato i biscotti che ho messo sulla teglia, infornandoli a 180° per circa 15 minuti. Siccome cuocendo aumentano di volume distanziateli tra loro di un paio di centimetri.

domenica 3 novembre 2019

Impronte

La terra è fragile, dove viene calpestata la vegetazione non cresce, l'erba dapprima si dirada e poi scompare completamente lasciando il suolo esposto alla corrosione. Nelle aiuole cittadine disseminate di erbacce e rifiuti si nota poco. Qui in campagna tutto è più evidente.
Ci pensavo mentre osservavo la sottile striscia di fango della stradina che dal posteggio conduce alla casa, ed i tanti altri percorsi che vengono abitualmente utilizzati dai residenti per spostarsi tra le casette e il dormitorio. Non sono solo le auto che causano l'arretramento dell'erba dalla strada sterrata, che nei giorni di pioggia diventa una striscia di fango, ma anche il passaggio delle persone a piedi provoca la scomparsa della vegetazione.

Mentre percorrevo la mulattiera che porta alla quercia dei tramonti ho notato le impronte di alcuni  escursionisti, e poi anche quelle di alcuni animali, forse cinghiali o qualche daino, ancora non le distinguo. Per un breve tratto avevano percorso la mulattiera, lasciandola poi per altre direzioni che si perdevano nel folto della boscaglia. Più sopra sul prato dove l'erba cresce rigogliosa le tracce si percepivano appena, e del loro passaggio restava soltanto qualche stelo abbattuto.
Più avanti, verso la casetta nel bosco, sul mio cammino ho trovato lo stampo esatto di uno scarpone ed oltre il segno dello zoccolo ferrato di qualche cavallo, le scie delle moto da cross o delle mountain bike invece sono sbiadite con le piogge, lasciando l'argilla compressa e dura.

Chissà quanto tempo impiega la natura a ripristinare la copertura verde? forse un mese, forse di più.
Mi è sorta questa domanda pensando alle imminenti piogge invernali che dilaveranno il percorso fangoso, formando dei piccoli torrenti, portando via la terra fertile ed aumentando la superficie di roccia già presente in alcuni punti.

Anche questa è una piccola forma di violenza sul terreno, a cui non saprei come rimediare, basta un passaggio saltuario e la vegetazione arretra, la terra mostra la sua ferita.