lunedì 25 maggio 2020

In limine autem paradisus

La scorsa settimana io, il Nonno ed un paio di altri comunardi ci siamo recati in città per attendere a qualche commissione inderogabile. Mentre loro facevano ho ricavato quel paio di ore da dedicare alle mie incursioni, godendo di un centro storico libero da fastidiosi turisti. 
Il giro della nostalgia; lo sguardo rivolto al passato, a quella volta che poco più che quattordicenne, passai per la prima volta in piazza Duomo, con in mano la guida del Touring.

Lorenzo Ghiberti aveva 47 anni quando fu incaricato di eseguire la porta est del battistero di Firenze, era il 1425; fu Michelangelo che dopo averla ammirata la denominò Porta del Paradiso, perché chiamarla solo Porta Est pareva brutto. Fu un risultato così al di sopra delle aspettative che si decise di riservare ai nuovi battenti il posto d'onore davanti al Duomo, spostando l'altra porta, che sempre Ghiberti aveva costruito all'età di 23 anni, sul lato nord, dove si trova ancora oggi.

Quando scorro queste pagine di storia mi capita spesso di sorprendermi per la giovane età degli artisti e la loro inventiva, ragazzi che ci hanno lasciato opere di una bellezza universale. Opere che ancora oggi lasciano senza fiato. Così immagino un Ghiberti 23enne, intento a plasmare le formelle di una porta che attraverserà 595 anni di storia, passerà indenne tra guerre, epidemie e catastrofi naturali per arrivare sino a noi. E poi penso ad un 23enne di oggi, impegnato a passare le sue giornate a giocare sulla play, a postare video sui social e contenuti su FB e twitter.
E mi chiedo: cos'è che non ha funzionato in questa ''evoluzione''?

Sicuramente anche all'epoca del Ghiberti i minus habens non mancavano, tuttavia ho sempre più l'impressione che oggi siano in crescita esponenziale e che le persone capaci di produrre bellezza, quella vera, quella che rimane a scaldare lo spirito e l'anima, siano sempre meno; perché di bellezza nel mondo non si sente più l'esigenza, anzi pare sia diventata qualcosa di superfluo.

Insomma... ero lì ad ammirare una porta chiusa, con tutti questi pensieri che mi frullavano in testa e quasi mi veniva da piangere. Altro che sindrome di Stendhal.


lunedì 18 maggio 2020

La tessitura dell'intento


Alcuni lo chiamano anche Ojo de dios, e l'effetto finale è molto suggestivo, ma la parte più importante avviene durante la sua creazione, la scelta dei colori e l'impegno ad intrecciare i fili di lana. Un'operazione che richiede concentrazione e silenzio.
La stagione indicata per questa attività è il periodo del solstizio invernale, una volta terminata la tessitura, l'intento va esposto. E così anche noi lo scorso dicembre abbiamo atteso a questa tradizione, appendendoli ai rami del fico, consegnandoli ai capricci del vento e delle stagioni.

Personalmente sono sempre scettico su queste faccende, e quindi ho partecipato per curiosità e spirito di gruppo, e forse per trovare un momento che mi permettesse di riflettere su alcune cose che mi frullano in testa, idee all'epoca ancora acerbe. Un tempo che adesso, dopo i recenti stravolgimenti, appare lontanissimo.
Ho anche scoperto che le attività con la lana sono particolarmente rilassanti.

Il richiamo all'antica tradizione romana dell'Oscillum, è molto forte, ed anche se il materiale risulta meno nobile, c'è comunque la sensazione di partecipare ad un rituale apotropaico, qualcosa di misterioso che affonda le sue radici in antiche conoscenze.

Che sia vero o meno, che funzioni o sia un semplice passatempo, a questo punto poco importa.


lunedì 11 maggio 2020

Il gatto sul tetto che scotta

Finiti i rigori dell'inverno la colonia felina ha ripreso le sue scorribande notturne. Due anziani sono spariti, GattaLuna e un altro selvatico senza nome. Una leggenda vuole che siano i lupi e le volpi i principali nemici dei gatti, e quest'ultime pare vadano ghiotte soprattutto dei piccoli e teneri micetti.
Il pensiero è cinico, ma fa parte dell'equilibrio della natura, madre e matrigna; noi, per quanto possibile, lasciamo fare. La discussione sull'utilità del gatto in struttura, per eliminare topi, talpe ed altri sgraditi ospiti, è spesso causa di animati dibattiti. La questione è tuttavia delicata e se da un lato una fazione vorrebbe i gatti inseriti come animali da compagnia, controllati dal veterinario e con libero accesso alle stanze, dall'altra, tra cui il sottoscritto, si preferisce considerarli animali da cortile, evitare che circolino liberamente all'interno e nelle casette, con particolare attenzione per la cucina.

Il Nonno con la sua visione contadina old style, vede gli animali inseriti in tre categorie: da reddito, da cortile e da lavoro. Tuttavia tollera ma borbottando, che i bimbetti cittadini li trattino a guisa di peluches, salvo poi canzonarli quando li prendono in braccio.

Per parte mia ho una predilezione per i gatti, tuttavia ho cercato di comportarmi con loro in modo 'adulto', rispettando il più possibile la loro indipendenza, dando loro una carezza con la stessa pratica con cui stringerei la mano ad un vecchio amico. La ritengo una forma di rispetto.
Ho tuttavia avuto un occhio di riguardo per GattOtto, questo lo devo confessare, soprattutto nel portargli gli avanzi della cucina. Perché trovo che tra noi ci sia una sorta di affinità elettività, nata il giorno in cui mi ha seguito senza alcun motivo apparente, solo per passare assieme un paio di ore mentre bagnavo l'orto. Nulla a confronto di quella che si era stabilita tra me e LaGatta, ma comunque un'intesa piacevole da parte di entrambi che ci incrociamo in giro nei prati, ci salutiamo, e poi proseguiamo ognuno per le sue faccende.

Ma la questione di cui volevo parlare non è questa. Insomma l'altro giorno sono salito sul tetto a controllare e pulire le grondaie dal fogliame ed ecco, il balordo che era da qualche parte in giro a spiarmi ha pensato bene di passare a controllare, così una volta capito quale albero usare per salire sul tetto, si è arrampicato ed ha completato il giro delle grondaie per poi relazionarmi il risultato chiamandomi mentre rientravo in casa.



lunedì 4 maggio 2020

Gli E.M. e la fitodepurazione

Il sistema di gestione delle acque reflue è uno dei più complessi ed innovativi che io abbia mai visto. Fu costruito oltre 30 anni fa ed ancora oggi è perfettamente funzionante. 
Il meccanismo è il seguente, gli scarichi di docce, lavabi e wc, comprese le cucine, sono raccolti in una vasca di sedimentazione tipo Imhoff, i liquidi in uscita da questa vasca finiscono in una seconda vasca di fitodepurazione, in cui crescono piante adatte allo scopo, a seguire il troppo pieno finisce in una terza vasca sempre di fitodepurazione. Al termine di questa filiera si trova il laghetto artificiale, che rappresenta il punto di arrivo delle acque depurate ed il punto di presa per l'acqua usata per l'irrigazione degli orti, delle serre e del frutteto. Qui lo si vede al livello minimo agostano, utile per la manutenzione del fondale.


L'acqua del laghetto viene analizzata annualmente dal tecnico dell'Usl locale, che ci conferma la sua potabilità; nessuno si sognerebbe mai di berla, tuttavia in estate è forte il desiderio di farci un tuffo. Intorno ad esso si è formato un piccolo ecosistema di piante ed animali. Uno dei progetti futuri è quello di impermeabilizzare il fondo argilloso e di coltivare le lenticchie d'acqua, ma dobbiamo pensare bene se questo possa compromettere il delicato ecosistema che si è creato in questi anni.
Ma non finisce qui, infatti tramite un sistema di pompe alimentate da un pannello fotovoltaico, una parte dell'acqua torna in struttura per riempire gli sciacquoni dei wc. E da lì si ricomincia.

Chiaramente un sistema di questo tipo è abbastanza sensibile all'utilizzo di agenti chimici, per questo motivo tutti i prodotti usati per le pulizie, per il lavaggio di piatti e biancheria e per l'igiene personale sono naturali. Le poche volte in cui è difficile fare a meno della chimica, cerchiamo di limitare l'uso dei detersivi industriali, soprattutto da parte degli ospiti.

In questo ciclo virtuoso da alcuni anni sono intervenuti i microorganismi effettivi E.M. a darci una mano e si sono rivelati un toccasana per noi e per l'ambiente.

Inizialmente sono arrivati per la concimazione del frutteto e dell'orto sinergico, per proteggere dalle muffe le radici dei trapianti e per contrastare le infestazioni di insetti, ma anche per attivare la germinazione dei semi, soprattutto di quelli un po' datati, e per contrastare la marcescenza del compost. Una loro particolarità è infatti quella di eliminare i batteri patogeni della putrefazione, e favorire la proliferazione dei batteri zimogeni della fermentazione. In sintesi i compost si trasforma in humus senza odori sgradevoli risultando migliore dal punto di vista nutritivo. Da quando li utilizziamo inoltre non è più necessario smaltire i fanghi della prima vasca, in quanto ci pensano loro a scioglierli facendoci risparmiare l'intervento dell'autospurgo.

Il nostro rivenditore di fiducia, che è agronomo e chimico, li utilizza per contrastare i cattivi odori nella stalla e contenere la presenza delle mosche. Io personalmente ho osservato che il lavaggio dei servizi comuni con una soluzione di EM ed olio essenziale di lavanda fa scomparire i cattivi odori e garantisce un ottimo livello di pulizia.

A leggere in giro questi E.M. sembrano essere la soluzione semplice ad un problema complesso, anzi a vari problemi complessi, e per adesso posso dire che effettivamente si stanno rivelando utili, economici e non hanno prodotto complicazioni. La sperimentazione prosegue...